Una norma controversa che non affrontò i problemi irrisolti del “sistema misto” ma di fatto consacrò il duopolio RAI-Fininvest.
La legge n. 223 del 6 agosto 1990 comunemente citata come “legge Mammì“, dal nome dell’allora Ministro delle Poste e Telecomunicazioni, il repubblicano Oscar Mammì.
Frutto di un estenuante iter parlamentare, con una infinità di emendamenti, costituisce la prima legge volta a regolare in maniera organica il settore della televisione dopo un decennio di selvaggia assenza legislativa.
La Mammì sancisce il già di fatto esistente “sistema misto” radiotelevisivo e consacra il duopolio RAI-Fininvest, stabilendo, in nome di criteri antitrust, che nessun soggetto può possedere più di tre reti nazionali, e chi possiede tre reti non può avere la proprietà di alcun quotidiano.
Regola inoltre i tetti pubblicitari sia per la Concessionaria di servizio pubblico sia per le altre emittenti nazionali (i tetti sono differenti, con obblighi più restrittivi per la RAI).
Vieta inoltre l’inserimento di spot pubblicitari nei programmi dedicati ai bambini e la trasmissione in TV di film indicati come “vietati ai minori di 18 anni”, mentre permette quelli “vietati ai minori di 14 anni” solo dopo le 22.30, quando si chiude la cosiddetta “fascia protetta”.
Concede alle reti private nazionali la diretta, obbligandole però a produrre un proprio telegiornale.
Istituisce infine la figura del Garante per la radiodiffusione e l’editoria, nominato dal Presidente della Repubblica su proposta dei due presidenti delle Camere, con mandato di tre anni. Questa figura sarà sostituita nel 1997 dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni.
La legge Mammì fu sarcasticamente definita dalla stampa “legge fotocopia” o anche “legge Polaroid” perché si limitava a fotografare lo stato dei rapporti di forza tra RAI e il gruppo Fininvest di Silvio Berlusconi.
L’allora Ministro dell’Istruzione e attuale Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, si dimise – assieme ad altri quattro ministri della sinistra DC (Mino Martinazzoli, Riccardo Misasi, Calogero Mannino e Carlo Fracanzani) – dopo la decisione di Giulio Andreotti, all’epoca Presidente del Consiglio, di porre la fiducia su un provvedimento che da un lato doveva recepire la direttiva europea “Televisione senza frontiere” di Ettore Andenna, dall’altro, secondo Mattarella, violava gli stessi precetti espressi dalla direttiva in questione.
La legge fu comunque approvata con la fiducia e a voto segreto il 1° agosto 1990.

