Dalla serialità industriale mi è stato possibile passare allo spettacolo d’autore con la collaborazione autorevole di Renzo Arbore.

Non molti prodotti, ma un ventaglio di programmi, diversi tra loro, che mi ha permesso di scoprire, o meglio, mi ha regalato il privilegio di produrre una televisione leggera, colorata, basata su una creatività apparentemente improvvisata, assai diversa da quella di Baudo (una televisione in grande, ritmata dalla successione dei generi) alla quale ero abituato. Ho lavorato con lui e mi sono divertito.

Arbore con me “fruga” dietro le telecamere tra le memorie della televisione con “MARISA LANUIT” (20.04.1987), “rilegge” in 8 puntate la storia delle canzoni più popolari del Festival (27.01.1990) con lo show “ASPETTANDO SANREMO” (partecipa Lino Banfi ma anche Michele Mirabella); ci “riporta” (il 16.12.1992) ad un grande protagonista dello spettacolo popolare, non sempre riconosciuto per i suoi meriti artistici inimitabili: “CARO TOTÒ TI VOGLIO PRESENTARE”… un intrattenimento affettuoso in 4 puntate dedicate all’universo di amici, di colleghi, ma anche di giovani con i quali Renzo testimonia la “cultura sorridente” del Principe de Curtis.

Insostituibile in molti altri programmi, anche per me ma soprattutto per Arbore, la collaborazione di Ugo Porcelli, vero autore di riferimento di tutte queste trasmissioni e di alcuni Speciali, che Renzo chiede per non dimenticare musicisti e artisti non comuni (è un’altra delle sue passioni che sente come dovere morale), come Roberto Murolo (“’NA VOCE, ‘NA CHITARRA” maggio 1990). Invece per Renato Carosone (“TU VUO’ FA’ L’AMERICANO” 12.01.1995) ci sono dal Teatro Marcadante di Napoli, Alba Parietti con Renzo in platea, che sale sul palco per un duetto con Renato.

Sullo sfondo degli Uffizi, a Firenze, Renzo propone un originalissimo “contest” tra la sua Orchestra Italiana e quella del giovane americano Harry Connick Junior (che ricorda lo swing di Frank Sinatra, prima di Michael Bublé che ne farà un prodotto internazionale). Nell’intervallo c’è uno strepitoso Massimo Troisi che si intrattiene con Renzo (maggio 1991).

Mario Maffucci e Massimo Troisi (maggio 1991)
Mario Maffucci e Massimo Troisi a Firenze (maggio 1991)

Questo in sintesi il mio lavoro con lui; vediamo ora qualche appunto che mi aiuti a ricordare che cosa ho imparato.

ASPETTANDO SANREMO

Ho avuto modo soprattutto di vivere la preparazione con la quale Renzo trasforma un’idea in un programma che ottenga il consenso del pubblico. Intanto c’è idea e idea… ad Arbore interessano solo le idee che lo porteranno al successo. E come si riconoscono? Quando la stessa idea ti fa capire che non è solo uno “spunto”, ma è capace di vivere nel tempo e non si spegne dopo le prime battute, cioè è capace di far divertire Renzo ed Ugo ogni volta che si dedicano al progetto… Ugo mi ha detto che più volte hanno stoppato progetti che erano andati avanti e molto, perché non divertivano più. Il passo successivo è in quale luogo ambientare l’idea e con quali personaggi rappresentarla.

Nel caso di “ASPETTANDO SANREMO”, Renzo ha puntato sulla dubbia reputazione del Festival, un evento che spesso è stato al centro di polemiche e di chiacchiere controverse mai provate; quindi ha pensato che l’interesse della Guardia di Finanza per verificare se ci siano state ipotesi di reato (messo in scena con una camera-car a rappresentare un blitz al Teatro delle Vittorie), poteva giustificare un’aula di tribunale: un Pubblico Ministero antipatico e aggressivo come Michele Mirabella (con assistente Smith Wesson), un Avvocato come Lino Banfi nei panni di Pasquale Passalacqua (avvocato popolare affiancato dai napoletani Pessotto e Mormorea), i giudici a latere Arnoldo Santoro e Alfredo Cerruti, una coppia collaudata, e il Cancelliere Mario De Simone (che, sorpresa nel gioco dell’improvvisazione, è risultato più spiritoso di Lino Banfi del quale era l’agente per il cinema).

Renzo, come Giudice al quale è stato assegnato il caso, si è divertito nel passare da un personaggio all’altro e a imbastire la commedia che è tutta improvvisata… ciascun artista, interpretando il proprio ruolo, ci mette del suo a ruota libera, in linea con il racconto che Renzo ha fatto a casa sua, dove erano stati convocati per apprendere in che cosa sarebbe consistito l’evento del processo. Questo è il momento cruciale, con il quale Renzo e Ugo cercano di registrare un divertimento spontaneo. C’è da dire però che l’incarico di Ugo è quello di fissare – prendendo appunti – l’improvvisazione, organizzando quindi la spontaneità che – grazie a lui – viene riportata agli interessati come si sono espressi la prima volta (l’improvvisazione è unica al primo momento, ma si dissolve rapidamente se non c’è uno del mestiere che è capace di fissarla).

Un coro di 32 belle ragazze, vestite secondo la moda del decennio di canzoni – Il “corpo del reato” – oggetto controverso del dibattito processuale, fanno da intermezzo tra un dibattito e l’altro. Ci possono essere anche testimoni a carico o a discarico (quindi esterni al cast) convocati di volta in volta dall’Avvocato della Difesa o dal Pubblico Ministero.

Il riscontro del pubblico fu molto interessante, non solo in Italia, ma, in particolare, nella cosiddetta comunità degli Italo-americani. La Direzione di Rete pensò che Arbore, Banfi e Maffucci, avrebbero, in una settimana di soggiorno, rinsaldato il rapporto con i compatrioti d’Oltreoceano; così partimmo per New York in un viaggio premio.

CARO TOTÒ

Il cinema di Totò, in prima battuta, nonostante l’immediato consenso popolare, viene considerato dalla critica di Serie B per alcuni anni. Gli intellettuali hanno difficoltà ad accettare il mondo di Totò e il suo modo di ragionare del tutto originale che nasce indubbiamente da una matrice popolare, ma è reso prezioso dal modo surreale nel quale Totò se ne serve, mettendo in risalto il carattere non espresso degli italiani alle prese con il quotidiano.

Si può affermare che, in un certo senso, la fase inziale delle “TV libere”, ha popolarizzato la sua opera rendendola familiare, perché i suoi film costavano poco e soprattutto venivano venduti a pacchetto: erano onnipresenti a tutte le ore.

Renzo è schierato tra gli intellettuali che da sempre hanno compreso la sua cultura sorridente e il suo modo spiazzante di ragionare. Totò interpreta in modo inimitabile il povero italiano, che appena dopo la guerra, senza mezzi, si trova comunque con la sua creatività ad essere un protagonista popolare del vivere quotidiano o addirittura un interprete della storia.

Arbore si mette al lavoro come se avesse l’impegno morale di rispondere ad una richiesta dell’anima: la trasmissione in 4 puntate deve piacere a… Totò. Quindi una scenografia anni ’40, canzoni e cantanti d’epoca, testimonianze degli artisti che hanno avuto l’occasione di lavorare con lui, l’affetto dei suoi cari, la moglie Franca Faldini e sua figlia Liliana dalla quale è partito lo spunto del progetto.
Ci sono anche tanti giovani che devono conoscere quel mondo.
“Caro Totò” è un programma senza espedienti, un intrattenimento garbato senza filmati inediti. Un semplice, tenero, affettuoso omaggio al Principe della risata, in un salotto d’epoca fine anni ’40, arredato come quelli che tante volte abbiamo visto nel cinema di Totò. Arbore presenta spezzoni di film, anche di quelli visti e rivisti, perché lui fa sempre ridere, rispetto ad alcuni che fanno ridere una sola volta.

Alberto Sordi intervistato da Renzo Arbore durante il programma "Caro Totò"
Alberto Sordi intervistato da Renzo Arbore durante il programma “Caro Totò” (fonte: YouTube)

“Caro Totò” sono 8 ore nello spirito del personaggio. Cantano gli artisti della sua epoca: Giacomo Rondinella, Achille Togliani, Teddy Reno. Le canzoni sono quelle di allora: “Chellalà”, “Marruzzella”, “Luna Rossa”, “’Na voce ‘e notte” e soprattutto “Malafemmina”. Se noi dei film di Totò ricordiamo “Guardie e ladri”, “Totò, Peppino e la malafemmina”, “Totò e i 7 Re di Roma”, “Totò a colori”, il Principe de Curtis è interprete di quasi 100 film (per la precisione sono 97), in Studio danno testimonianza Alberto Sordi, Silvana Pampanini, Aroldo Chieri, Gianni Agus, Pietro De Vico, Anna Campori, Arnoldo Chieri.

Al di là delle testimonianze dei colleghi, c’è l’impegno di Renzo per far conoscere ai giovani di questi anni un artista dimenticato troppo presto. Ecco allora che lo Studio è come se fosse diviso a metà: da una parte i professionisti, dall’altra i bambini fino ai 12-13 anni e i liceali con gli universitari, tutti coinvolti in questa ricerca che purtroppo la scuola non insegna. Gli argomenti sono:

  • Totò era soprattutto una persona perbene… si leggeva nei suoi occhi, nello sguardo aveva una luce particolare.
  • L’umanità era il segreto del suo successo, duraturo al punto di attraversare i mutamenti della società.
  • È un attore grande, perché non sente la cinepresa, è un fluido di complicità con il pubblico.
  • C’è un pregiudizio contro l’attore comico (Totò è il più grande assieme ad Alberto Sordi). Ci sono attori drammatici che non sanno fare i comici, bastano poche scene per capire che Totò era anche un grande attore drammatico.

Esemplare da un punto di vista culturale, il pubblico generalista di RAI 1 trovò indubbiamente interessante “Caro Totò”, ma diverso dal marchio di fabbrica di Renzo che in genere assicurava originalità, ironia e leggerezza. Rimane un “esempio di scuola” per come un Servizio Pubblico può avere memoria di un artista che finalmente ha il posto che si merita nella considerazione degli italiani, risultato al quale forse “Caro Totò” ha contribuito.